Recensione: L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio di Haruki Murakami

Ciao a tutti, cari lettori! Oggi vorrei portarvi in Giappone con l’ultimo romanzo di Murakami, autore che ho conosciuto ed apprezzato attraverso la lettura di “Norwegian Wood. Tokyo Blues“. Non mi resta che augurarvi buon relax con tante belle letture!

L'incolore Tazaki Tsukuru

Titolo  L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio
Autore:  Haruki Murakami
Traduzione di  Antonietta Pastore
Casa Editrice :  Einaudi
Pagine :   272

Prezzo :  20.00€ cartaceo (copertina rigida) su Amazon: 17.00 € cartaceo – 10.99€ eBook


La trama  - L'angolino di Ale

Quando vieni tradito dagli unici amici che hai, quando all’improvviso le persone più care ti voltano le spalle senza una spiegazione, nel tuo cuore si spalanca un abisso dentro il quale è facile precipitare. Tazaki Tsukuru ha convissuto con il dolore di quell’abbandono per troppo tempo. Dopo sedici anni capisce che non può nascondersi per sempre: deve rintracciare gli amici della giovinezza e scoprire il motivo di quel gesto. Ma più di tutto deve scoprire chi è veramente Tazaki Tsukuru.


La mia recensione - L'angolino di Ale
Quando si è adolescenti il gruppo diventa la propria forza e ci si lascia trasportare dalle emozioni del momento. Tazaki Tsukuru all’epoca era uno studente universitario e si sentiva parte integrante di questo gruppo. Ma all’improvviso succede qualcosa ed i suoi quattro amici prendono strade diverse, lontane da lui. Tsukuru, credendo di essere lui stesso la causa di questo allontanamento, si isola sempre di più, cambiando città e dedicandosi alla sua unica passione: lo studio della costruzione di stazioni ferroviarie. Questa separazione dai suoi amici lo rende sempre più apatico e sfiduciato, a tal punto da pensare di voler mettere fine alla propria vita. Tsukuru inizierà a chiedersi il perché di questo distacco senza tuttavia trovare risposte.
Cercare di conoscere il proprio valore è come pesare qualcosa privi di un’unità di misura. L’ago della bilancia non riesce a fermarsi con uno scatto netto in un punto preciso
Tsukuro inizia così a riflettere sul proprio passato ed il suo gruppo di amici. Ciascuno di loro aveva la particolarità di possedere un cognome contenente un colore. Ad esempio: Aka significa rosso oppure Shiro significa bianco. L’unico a non possedere nessun colore è proprio lui, Tsukuru.
L’essere privo di colore gli dispiaceva al punto da sentirsene ferito
Il suo viaggio verso la scoperta della verità sarà lungo e tortuoso e non sarà un viaggio fisico verso una meta precisa, bensì un itinerario dentro sé stesso per scoprire chi è davvero Tsukuru e che cosa può offrire al mondo. Tsukuru si sente escluso ed è stanco di sopportare i “colori” della gente. Vivere è diventato un peso ed il senso di smarrimento è forte.
Ogni persona ha un suo proprio colore, una tonalità la cui luce trapela appena appena lungo i contorni del corpo. Una specie di alone. Come nelle figure viste in controluce
Murakami, con la sua consueta maestria, ci trasporta in un mondo al confine tra realtà e sogno. Le due dimensioni si alternano disorientandoci. A tratti poetico, a tratti filosofico, Murakami esprime tutto il disagio e l’incapacità che i giovani (e non solo) hanno nell’approccio, sano e costruttivo, nei confronti del prossimo. Spesso abbiamo una percezione sbagliata di noi stessi: crediamo di essere in un modo quando, in realtà, gli altri ci vedono in maniera totalmente diversa.
La scelta del titolo non è casuale. L’ideogramma della parola Tsukuru significa “costruire” ed il protagonista, al di là della sua passione per la costruzione delle stazioni, deve necessariamente assemblare i pezzi di sé stesso ed iniziare ad edificare il proprio futuro sulle basi di un passato instabile.
L’atteggiamento degli uomini verso i limiti e i confini è ciò che definisce la loro libertà
Come accade spesso nella letteratura giapponese, le tematiche trattate sono connesse alla morte, la solitudine, il sesso. Il tutto viene vagliato razionalmente dall’autore, il quale, attraverso il suo personaggio, ci mette di fronte ad interrogativi comuni a tutti noi. Tsukuru dovrà viaggiare tra i propri incubi e le proprie incertezze, tra flussi di gente e di emozioni, sfidando la paura di fare, di dire e di agire. Dovrà trovare il coraggio di affrontare la vita, dando voce alle proprie sensazioni. Tutti noi, talvolta, attraversiamo momenti difficili (per un abbandono, una perdita, …) ed in questi momenti pensiamo di non avere più nulla da offrire al mondo. Ciò nonostante diventano questi i momenti in cui la tenacia di un individuo deve emergere, rompendo i vecchi schemi e far sì che quel “valore aggiunto“, quel colore speciale intrinseco in ciascuno di noi, possa nuovamente affiorare. Nessuno di noi è insignificante o vuoto. Semplicemente è necessario trovare la propria stazione da costruire, mettendoci tutte le proprie forze.
La vita è come uno spartito complesso. Piena di semicrome o biscrome, di segni strani, di annotazioni dal significato oscuro. Decifrarla è un’impresa ardua e anche saperla leggere correttamente, anche a saperla trasformare nella musica più bella, non è detto che poi la gente la capisca e l’apprezzi nel suo giusto valore
Vi lascio con la melodia (un po’ inquietante ma che esprime perfettamente l’essenza del romanzo) citata più volte all’interno del libro. Si tratta di “Anni di pellegrinaggio – Le Mal di Pays” di Franz Liszt.

© L’angolino di Ale – Riproduzione riservataAlessandra - L'angolino di Ale (black)

27 pensieri su “Recensione: L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio di Haruki Murakami

  1. Lo voglio leggere praticamente da quando è uscito (non mi ci sono fiondata solo per pudore di tutti i libri ancora da leggere che stanno nella mia libreria)… lavorerò di convincimento con l’avvicinarsi del compleanno! 😛 Anche se non ho particolarmente apprezzato il Murakami di “Norwegian Wood”, che non mi ha colpita quanto i romanzi fantastici e onirici, è un testo che credo potrebbe piacermi e poi in Murakami ci sono sempre mille spunti per riflettere, dubbi che emergono, considerazioni sull’esistenza che, a leggerle, ci fanno sentire come se l’autore ci avesse letto nel pensiero!

    • Hai ragione, Murakami lascia sempre qualche spunto di riflessione (ho trovato un sacco di frasi da “sottolineare” all’interno del romanzo)! Qui il suo stile è abbastanza diverso rispetto a “Norwegian wood” ma molto simile a “1Q84”.

  2. Anch’io voglio leggerlo, ma non ne ho avuto ancora l’occasione purtroppo… Con la tua recensione mi hai convinto a fiondarmi in libreria il prima possibile per prenderlo 🙂

  3. Ho terminato ieri di leggere questo libro. Murakami Haruki mi aveva “ossessionato” con “L’uccello che girava le viti del mondo” (letto dopo aver già letto tutti gli altri libri) e ipnotizzato con “1Q84”, che ho molto amato. In generale al termine dei suoi libri resto sempre con una domanda inespressa, e non so quale sia. Resto sempre sospesa…. È questo che mi tiene legata a lui.

  4. Non ho mai letto nulla di Murakami, l’ambiguità tra realtà e fantasia in genere non fa per me. Però in questi ultimi anni si sente nominare ovunque, alla fine dovrò convincermi, anche solo per curiosità… Da cosa mi consigli di iniziare?

  5. …aspettavo da un po’ questa tua recensione!
    A tal punto che sei riuscita a distogliermi per qualche minuto dalla mia corsa di domani 😉
    vorrà dire che opterò per Murakami, da questo week end, per un po’ di meritato relax!

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